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Porta di Lampedusa – Porta d’Europa

Porta di Lampedusa – Porta d’Europa

Si può intendere ancora l'europa un luogo di diritti e di democrazia, si può ripartire da Lampedusa

L’Europa è stata anche oggetto di riflessioni filosofiche. Intendendo per Europa un’idea, un’utopia, un residuo di memoria storica, per certi versi anche una disquisizione da salotto buono alcuni intellettuali come Jaques Derrida, Jürgen Habermas, Fernando Savater, Richard Rorty, Umberto Eco, Gianni Vattimo hanno dedicato a partire dal 2003 più di un contributo al tema dell'identità europea.
In generale la loro posizione si può riassumere nel tentativo di decostruire il paradigma che vuole l’Europa nuovo organismo unitario, una nazione (inesistente sul piano storico-giuridico) che sulla base di nuove istanze cerca di sovrastrutturarsi sui nazionalismi delle varie configurazioni sovrane. La riduzione di quello che ai filosofi appare un percorso faticosissimo al prodotto della scena politica monetaria, costituisce il principale ostacolo ad una rappresentazione di un progetto forte in cui tutti i cittadini possano riconoscersi, un luogo di diritti e un esempio di nuovo corso per la democrazia. Il giudizio severo che accomuna queste differenti analisi è l’europa debole, decadente, priva di identità, museale, incapace di dialogare con il mondo anglo-americano e la civiltà orientale o asiatica trascendendo il sistema degli interessi reciproci.  
Il 28 giugno 2008 a Lampedusa è stata installata un'opera dedicata alla memoria dei migranti che hanno perso la vita in mare. Mimmo Paladino, l’artista che l’ha ideata, l’ha denominata “Porta di Lampedusa – Porta d’Europa”.
Potrebbe (o poteva essere) davvero un corso nuovo, non solo per l'europa, ma per il mondo intero, un modo non lezioso ed etico di intendere la relazione tra i popoli dopo i disastri esportati e realizzati nel continente africano.