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Ponte Morandi: quando la letteratura ci viene in soccorso.

Ponte Morandi: quando la letteratura ci viene in soccorso.

I ponti possiedono un forte carattere simbolico ed assolvano funzioni salvifiche 

Quando  è crollato a Genova il ponte Morandi mi trovavo in vacanza sulla spiaggia di Realmonte, in provincia di Agrigento. Acque cristalline e popolate da pesci, sabbia chiara e frullata come il borotalco. L'ho saputo da mamma e dalla sua vertiginosa ansia che a partire da un accaduto catastrofico si era sviluppata nell'arco di poche ore in maniera logaritmica senza alcuna possibilità di contenimento.
Nella vecchiaia l'ansia si è trasformata in un sentimento di empatia verso l'altro che scatta ad ogni catastrofe. L'altro può trovarsi anche a distanza transoceanica, non importa, quindi la tragedia di Genova, seppure geograficamente a 1.500 chilometri, per mia madre era praticamente un fatto accaduto sotto casa. 
Sono rimasto prevalentemente in silenzio prestando ascolto, nella posizione esecutiva del figlio che deve solo confortare ed assicurare che non crolleranno più ponti, almeno in Sicilia, sulle nostre strade, ingigantendo una abnorme bugia perchè in realtà diversi ponti dalle nostre parti a partire dal 2014 sono crollati.
Non ho prestato molta attenzione ai contenuti della conversazione con mamma, avevo intuito che le informazioni erano lacunose, soprattutto sul numero dei morti; in caso contrario avrei avuto in tempo reale un dettagliato resoconto delle conseguenze, che era un modo per mamma di metabolizzare, infarcire i dati di altri dati, dichiarazioni, testimonianze in maniera fedele per riempire la testa e non pensare ai morti ed al dolore.
Finita la telefonata ho letto i lanci di agenzia e mi sono accorto che a poche ore dall'accaduto, mentre i corpi delle vittime erano ancora caldi, si diffondeva a velocità supersonica la polemica sul terreno politico, animata dai followers tritacervello di Salvini e Di Maio.
Non ho provato alcun sentimento verso quanto leggevo, mi interessava il numero dei morti e dei feriti, le dinamiche, le dichiarazioni 'tecniche' perchè i ponti li progettano dai tempi di Talete gli ingegneri e mi aspettavo che qualcosa di significativo l'avrebbero detta da lì a poche ore. 

Mi sono tenuto  informato a intermittenza ripensando alla vicenda di Scillato, ai due ponti Corleone e Oreto di Palermo che attendono da trent'anni una riqualificazione, alle strade delle Madonie ed ai comuni delle nostro montagne isolati e mal collegati perchè, cancellate le province, la manutenzione delle infrastrutture non dipende da alcuna istituzione, quanto meno da qualcuno in possesso di fondi e programmi. 

Ma questo è un capitolo difficile e per ogni ponte crollato, strada dissestata, incidenti e disservizi per i pendolari si auspica che le istituzioni sviluppino una politica di manutenzione seria,  accertando le responsabilità penali e amministrative. Noi intanto continueremo a versare le tasse ed a pagare il pedaggio, come abbiamo sempre fatto, non sottraendoci ai colori ed agli avvicendamenti della scena politica.  
Ciò che però lascia l'amaro in bocca è questa condizione di cittadinanza social anestetizzata dai commenti e dalla comunicazione, un surrogato dell'inconscio collettivo di Freud, descritto e anticipato nel disagio della civiltà che però con l'identità digitale prende forma e voce, assumendo un compito di distruzione dell'etica pubblica a cui qualche anno fa certamante non pensavamo. 

Spariscono i fatti, le elementari 'cinque dabliu', nozione base per i giornalisti, gli studenti e i lettori competenti e tutto si trasforma in un lungo commento che si dirama a partire dalla malafede, dalla cattiveria di una massa di cittadini che esercita lo spirito critico insultando, minacciando, avallando ipotesi inverosimili come quella dei due fulmini che secondo alcuni complottisti avevano liquefatto l'armatura di ferro del ponte genovese.

Che cosa si può scrivere per sé più che per gli altri, per contribuire all'informazione ed all'etica della comunicazione?
I fatti che riguardano un evento catastrofico in genere sono complicati e sono tutti da accertare, col tempo che occorre, sia in termini di responsabilità che di ricerca della verità. I sentimenti di paura, frustrazione, vendetta sono invece più semplici da esternare e da socializzare perchè non c'è distanza e non importa se non vi è capacità e voglia di metabilizzare. La mangiatoia offerta dai social è sempre attiva, semplicemente perchè ci sono interi team che lavorano a tempo pieno sulla polarizzazione delle opinioni, aiutano i cittadini a vomitare quello che sta montando dentro di loro senza filtri e senza preoccupazioni, nell'anonimato della tastiera. Sono diventati bravissimi e la maggior parte dei consumatori sono caduti nella trappola, sono parte integrante del sistema, sono sia committenti che clienti. Se ignori sparisci dal web e spariscono le opinioni ragionate, i contrattacchi alle pulsioni malefiche dei senza dignità. Se rispondi ti insultano, ti bannano, ti odiano e come minimo ti collocano nella zona politica patologica che l'attuale governo sostiene di combattere per purificare l'Italia. Non è dato sapere se dobbiamo osteggiare con l'arte e con il raziocinio, con la bellezza e la logica, con la fuga da questa realtà emotiva orrida o con la lotta all'ultimo negativo pensiero sentimental-fascistoide espresso contro l'umanità.

Sul crollo del ponte Morandi non abbiamo sentito l'odore dei morti, il silenzio della preghiera (anche in senso laico), non ci siamo interessati ai corpi, alle imprese eroiche dei vigili del fuoco e della protezione civile. Non importava documentare la solidarietà di chi si era messo a disposizione per ospitare le famigle evacuate. Importava solo la collocazione algoritmica.
Da che parte stai?
Dolce o salato, etero o gay, poliziotto o ladro, nero o bianco, ateo o confessionale, pedofilo o castratore chimico, militante del pd o salviniano? Stabilire appartenenze senza alcuna discussione preventiva, a naso, a torto o ragione, con le narici che bruciano e i polpastrelli caldi che bruciano tasti e orde di vaccanculo.

Pensando al ponte mi viene in mente il carattere simbolico che questi oggetti della cultura urbana hanno assunto nel mondo artistico, in particolare nella letteratura giapponese. I ponti sono delle vie di salvezza, necessari e naturali collegamenti tra parti opposte che non possono rimanere isolate ed hanno bisogno di stabilire un legame, determinare l'esperienza dell'incontro.
Oggi dovremmo iniziare a rivalutare i ponti, a partire da una politica improntata alla sicurezza, a scapito dei muri. Non sarà facile perchè i muri vantano una forza simbolica fortemente seduttiva. Tra i ponti che ho incontrato mi vengono in mente quelli che popolano la letteratura di Banana Yoshimoto, sacri e sospesi in una dimensione onirica in cui il cielo scende tra noi, ci culla e ci assiste nella sofferenza, lasciandoci immaginare una forma originaria di unità.