MENU ×
La fotografia e l'autoritratto. Un percorso esperienziale

La fotografia e l'autoritratto. Un percorso esperienziale

La fotografia, così come l’arte in generale, può diventare uno strumento di ricerca identitaria oltre che di espressione estetica ed artistica. Di rado accade che mantenendo i contatti con i tuoi ex-alunni scopri che hanno maturato o avevano ben nascosto il loro talento nello spazio del percorso liceale ( e a questo punto, ahimè,  la scuola appare una gabbia, inevitabilmente burocratizzata, fredda e formale).
Adriana Guercio, pur nella sua giovane età, esprime una consapevolezza artistica originale che coniuga cura estetica e ricerca di senso. Nessuna correlazione con la compulsività del nostro tempo. Le sue immagini conservano la progettualità rigorosa della fotografia concettuale in un tentativo riuscito ed efficace di elaborare un linguaggio accessibile a tutti.

Che cos’è la fotografia per te? Perché fotografi?
La fotografia mi permette di esprimermi, è un mezzo attraverso il quale posso rappresentare la mia identità, il mio percorso dì costruzione identitaria nei diversi momenti in cui si è o si sta determinando un evento importante. In questo senso utilizzo l’autoritratto che mi consente di tracciare oltre che la mia identità anche le mie principali passioni: l’amore per la danza, l’amore per il cinema, l’amore per la fotografia.

IMMAGINE

Come nascono queste passioni?
La danza mi ha accompagnato sin da piccola, dagli otto ai quindici anni, mi ha insegnato a prendere familiarità con il corporeo, con lo spazio. Il cinema l’ho sempre amato, sono una grande consumatrice. Tra i miei punti di riferimento Stanley Kubrick rimane il mio autore preferito, visionario, profondo, sia per il linguaggio che ha saputo sviluppare sotto l’aspetto estetico, sia per la capacità rara di raccontare alcuni aspetti della società, la relazione tra bene e male ma anche certi modi e forme culturali. La fotografia rappresenta invece il percorso che ho scelto di intraprendere, in senso sia artistico ma anche come progetto di vita e lavorativo.    

IMMAGINE

Tra i progetti fotografici che hai realizzato nel tuo percorso accademico all’Accademia di Belle Arti di Catania penso, ad esempio, a L’Arte di Rinascere, sul disagio psichico, affronti un tema delicato e spesso dimenticato.
Si, ci tenevo molto a trattare questa tematica. Il progetto è il frutto di un incontro con tre giovani: Sofia, Andrea e Federica. E’ stato un incontro proficuo per la mia crescita personale e artistica, attraverso tre vissuti in qualche maniera paradigmatici. E' anche una presa di contatto con i disturbi psicologici che potrebbero interessare ognuno di noi, molto più diffusi nella società di quanto si possa pensare e che hanno bisogno di essere comunicati anche attraverso l’arte. In generale la difficoltà più grande che provano le persone interessate dal disagio psichico riguarda l’accettazione all’interno del gruppo e la socialità. In particolare per gli adolescenti sappiamo quanto è importante sentirsi accettati all’interno del gruppo dei pari, così come per i giovani adulti integrarsi nella società, essere riconosciuti innanzitutto come persone. Ovviamente l’accettazione è parte della costruzione di un percorso identitario. Fotografare questi giovani, conoscerli, per me ha rappresentato la possibilità di cogliere la rinascita, l’affrancamento da una condizione di sofferenza.

In questi casi chi fotografa partecipa empaticamente, si lascia coinvolgere?
Quando sono nella fase di scatto difficilmente mi lascio coinvolgere dal punto di vista emotivo proprio perché sono concentrata e occupata in quel momento sulla gestione della parte tecnica (luci, camera, inquadrature, composizione) e nel comunicare ai soggetti come esprimersi. Purtroppo non c'è tempo per occuparsi delle proprie emozioni e lasciarsi totalmente coinvolgere  perché nella fase di scatto e post-produzione tutto funziona in maniera veloce e professionale.

Credi che in futuro tornerai ad occuparti di questi temi?
Non penso molto al futuro ed alle tematiche che vorrei trattare. Cerco di vivere il presente in base a ciò che accade nella società. Sono molto legata a tematiche che riguardano il sociale e le minoranze ma sono attimi di vita, poi svaniscono in base a determinate esperienze. È giusto trattarle perché lo senti, senti quel bisogno di lottare e far conoscere determinate realtà attraverso lo sguardo fotografico ma poi arriva il momento in cui bisogna distaccarsene, per aprire successivamente ad un nuovo capitolo artistico e di vita.

IMMAGINE

Torniamo all’autoscatto ed alla ricerca personale del proprio Sé. Nella società dei selfie narcisistici che cosa significa per te usare l’autoscatto?
Con l’autoscatto non faccio fatica, mi sento a mio agio. La fotografia aiuta anche il racconto personale e intimo. I vissuti difficili ad un certo punto devono trovare modo di esprimersi, con l’arte e il cambiamento. In generale tutti gli artisti hanno qualcosa dentro da esprimere, poi naturalmente dipende dal tipo e dal grado di sofferenza o dal genere di produzione artistica.

IMMAGINE

Dal momento che sei giovanissima, nella tua fotografia e in questa prima produzione artistica, possiamo rintracciare anche parte del tuo vissuto formativo?
Il liceo, per quanto mi riguarda, è stato un percorso difficile, di estraneità rispetto ai miei bisogni e a come mi sentivo. Attraverso la fotografia ha avuto inizio una graduale scoperta. La fotografia mi ha aiutato a vincere alcune resistenze, a venire fuori.

IMMAGINE

L’esperienza della pandemia ha influenzato la tua fotografia?
Si, durante la pandemia mi sono dedicata all’autoritratto, in parte a causa della chiusura, sia in senso artistico che in senso fisico. Io amo scattare negli spazi e negli ambienti esterni e la pandemia mi ha limitato nell’accesso al fuori, mi ha anche destabilizzato ed ha ostacolato l’interazione con i miei colleghi con i quali mi piace confrontarmi. Le restrizioni hanno anche ridotto le possibilità di incontrare nuovi soggetti che avrei voluto fotografare. Il confronto è indispensabile per acquisire aspetti nuovi all’interno della propria arte. In questo senso la pandemia è stata una costrizione, devastante sul piano personale e professionale.

IMMAGINE

Come immagini il tuo futuro professionale?

Mi piacerebbe lavorare nella fotografia di scena, nel teatro, magari anche con incursioni nel mondo della danza. Naturalmente, in futuro mi piacerebbe esporre i miei progetti fotografici inserendomi nel circuito delle mostre e delle manifestazioni culturali. Credo che, inevitabilmente, la mia passione e i miei progetti mi porteranno fuori dal circuito siciliano. Siamo un po’ indietro, sotto l’aspetto professionalizzante della fotografia che si esprime perlopiù nei battesimi, nei matrimoni e nelle cerimonie. Percepisco ancora alcune resistenze verso il set fotografico, il nudo artistico e le nuove tecnologie collegate alla post-produzione ed alle contaminazioni tra forme d’arte differenti.

Come consideri l’evoluzione della fotografia sulle piattaforme elettroniche e sui social?
Senza volere demonizzare la tecnologia che anzi apprezzo e uso, certo oggi viviamo una difficoltà di orientamento all’interno dell’arte fotografia e delle arti visive, a causa della grande mole di informazioni. Si rischia di banalizzare il messaggio, i contenuti dell’informazione ma anche la cura estetica. Io, ad esempio, tengo in grandissima considerazione gli aspetti tecnici che secondo me non possono essere considerati separati da quelli stilistici e formali. Però per scattare e fare fotografia non si può fare a meno della macchina fotografica che non è semplicemente uno strumento altro, un mezzo, così come può essere considerato uno smartphone. La fotografia e il fotografare richiedono invece un approccio, un pensiero.

Oggi corriamo il rischio di smarrire il gusto per le belle fotografie?
L'estetica del gusto è profondamente influenzata da una società veloce, smart che non ci da il tempo di assimilare quanto accade. Credo che il gusto si sia evoluto e che i tradizionali parametri dell’estetica classica che tutti abbiamo studiato nella storia dell’arte non siano più rappresentativi, non come lo erano un tempo.

La fotografia è concettuale?  
La fotografia possiede un suo linguaggio, complesso e accessibile insieme ma dotato di una precisa fisionomia. Per quanto mi riguarda fotografare significa andare oltre il visibile, oltre la rappresentazione della realtà gettando lo sguardo sul mondo. Uno sguardo nuovo però, capace di stravolgere.

 

Le immagini sono tratte dai progetti L'Arte di Rinascere e Nel Buio della mente di Adriana Guercio 

Pagina Instagram: adryguercio

Tutti i Diritti Riservati