
Penna in Buca: Norma (Rubrica di Viviana Stiscia).
Kaos e Norma, paradigmi, vite, ansie, stili a confronto. Ma la vita vince sempre
Roma, 1956
Ore 8,30 : Tump, tump, tump, tump, tump
Ore 13, 15: Tump…, tump …, tump …, tump…
Il ritmo meno serrato delle timbrature sui francobolli della corrispondenza dovuto alla stanchezza è l’unica variante alla melodia che fa da sottofondo alle giornate di lavoro che il Signor Filippo, impiegato sui 40 anni di un ufficio postale della Magliana, affronta in modo ligio e quasi con abnegazione.
Ogni mattina, con il suo soprabito della cui impeccabilità va fiero, si presenta in ufficio pronto a timbrare il cartellino stando attento a cedere cavallerescamente il posto a qualsiasi collega donna si trovi nel raggio di cinque metri.
La sua scrivania affianca quella del collega Luigi il quale ne conosce pregi e difetti e ne sopporta da anni i rituali maniacali. Filippo, infatti, oltre ad una imbarazzante mania per l’igiene personale ed ambientale, non riesce a svolgere nessuna attività se non secondo schemi normativi rigorosissimi tra i quali: posizionare la macchina da scrivere in modo tale che disegni un immaginario triangolo isoscele con il telefono nero ed il righello col quale misura se le buste siano conformi a quanto previsto dalle norme degli uffici postali; orientare la lampada da tavolo così da non disturbare il collega, ma nel contempo rispettare le prescrizioni oculistiche per non rovinare la vista durante le ore di lavoro; alzare la seduta dello sgabello utilizzando due cuscini – portati da casa – per garantirsi una corretta postura.
Alle sue spalle, nascosta al pubblico, la Signorina Franca, donna modesta e dimessa, ma grande lavoratrice. Sulle sue spalle grava il peso di una intera famiglia formata solo da fratelli e sorelle più piccoli, avendo perduto i genitori proprio sul finire della II guerra mondiale. Franca non alza mai lo sguardo sul pubblico, tanto lo sa che nessuno la guarda se non per schernirla per il suo aspetto poco gradevole.
Ben in vista, invece, la Signorina Luigina. Bellissima, elegante e profumata, ma anche … “profumiera”: a tutti si promette, a pochi eletti si concede. Sicura di sé e del timore che incute col suo incedere da pantera e il suo dire più arrogante che assertivo, ottiene l’aiuto dei colleghi e le lodi del capoufficio, uno dei più sensibili al suo “profumo”. Anche Filippo ne sente l’odore, ma sa non essere alla sua altezza e avvicina il fazzoletto di pelle ovo con le proprie iniziali al naso fingendo frequenti raffreddori.
Passano i giorni, i mesi, gli anni, forse, e quasi nulla sembra cambiare. Anche la pasta preferita dal Signor Filippo resta sempre la stessa. Filippo, di padre romano e madre siciliana, adora gli spaghetti alla Norma: saranno gli ingredienti, sarà che porta il nome della sua amata defunta nonna, sarà quel che sarà, quando si trova davanti a quel magnifico e fumante piatto di spaghetti, sa che nulla di male potrà mai succedergli. Nessuna norma sta infrangendo, tutt’al più, la interiorizza!
Ma, d’improvviso, un evento insolito, per non dire assolutamente straordinario, investe la Capitale: la nevicata, “Roma è tutta candida, tutta pulita e lucida”. Nessun romano ricorda un fatto simile: una strana euforia si impadronisce di tutti. Tutti, tranne Filippo. “Ma come sta andando a finire – borbotta tra sé e sé, e neanche tanto – nevica? Ma quando mai si è detto che a Roma nevichi?!? Ma poi, questi politici cornuti, potevano almeno avvisare che uno si preparava psicologicamente e anche materialmente! Ora vorrei sapere da loro con quali scarpe dovrei andare in ufficio! I mocassini? E’ un disastro, un vero disastro! Anche il tempo ha perso il senso del valore delle regole!”.
Pur non di meno, infastidito, borbottante e con i sacchi di cellofan ai piedi e 2 maglie di Movil sulla pelle, esce da casa con un’ora di anticipo in previsione del fatto che dovrà camminare moooolto lentamente.
Ore 8,30 : Tump, tump, tump, tump, tump
Dentro l’ufficio sembra tutto andare con la rassicurante ritualità di tutti i giorni. Ma il demone del kaos, che sembra veleggiare sulla città in quel giorno, ormai penetra dalle finestre dell’ufficio postale.
La scrivania di Luigi non è al suo tradizionale posto, ma minacciosamente più vicina a quella di Filippo che non può non notarla. Si siede alla sua postazione. Non vorrebbe dire a Luigi, grande amico e collega: “spostati”, potrebbe ferirlo, nonostante questi ne conosca minuziosamente ogni mania! Ma non riesce a sopportare quella violazione della norma circa la comunicazione prossemica: la distanza che deve separarli deve essere sociale, non personale, né – tanto meno – intima! Eppure, il demone li ha avvicinati e Luigi sembra non averci fatto caso!
D’un tratto Filippo si alza di scatto e, come posseduto, accosta la sedia a quella di Luigi. Adesso anche le loro gambe si sfiorano e le loro mani si stringono forte. La norma è infranta, il dionisiaco sconfigge l’apollineo, il kaos vince sull’ordine, la passione sull’ossessione!
Ore 13, 15: Tump…, tump …, tump …, tump…
Luigi: “Filippo, andiamo da me, pranzeremo insieme!”.
Filippo: “Ma non vuoi che passi prima da casa a rinfrescarmi? “.
Luigi: “Non essere a posto dopo una giornata di lavoro è normale! Vieni e basta”.
Giunti a casa, tra loro neppure il prevedibile imbarazzo. La naturalezza di sfiorarsi, toccarsi e, infine, avvinghiarsi, non li sorprende neanche. Sono lì, come se sempre fosse accaduto. Sono lì, persi in quella coppia che risulterebbe improbabile a tutti tranne che a loro, in questo momento.
Nessuno dei due si alza dal letto per prendere un caffè o fumare una sigaretta; nessuno dei due ripete che si sono sbagliati e deve finire tutto lì; nessuno lo fa, nessuno lo pensa!
Ore 8,30 : Tump, tump, tump, tump, tump
Filippo e Luigi sono ancora qui, come ogni giorno da tanti anni. Nulla sembra cambiato, eppure emanano luce e profumo nuovi che non sfuggono all’attenzione dei colleghi e, soprattutto, delle colleghe.
La Signorina Luigina non perde occasione per una sferzante battuta; sente che l’epicentro delle attenzioni si è spostato, non coincide più con la sua persona e questo la disturba, pur non importandole niente di quei due “perdenti”.
La cara Franca, invece, sembra soffrirne: il capo chino – e non solo per la sua caratteristica modestia – rivela qualcosa che non era mai trapelato: ama uno dei due!
Le regole del gioco sembrano sconvolte, il Capoufficio che nulla ha di chiaro, ma percepisce la trasgressione di una qualche norma, richiama all’impegno professionale e a che non si confonda il lavoro con le vicende private. Luigi e Filippo, scambiandosi uno sguardo complice, urtano con i gomiti la cera lacca che rovinosamente cade a terra frantumandosi in mille pezzi.
Di fronte ad uno scenario che solo qualche giorno prima lo avrebbe gettato nello sconforto più profondo, il Signor Filippo, impiegato sui 40 anni di un ufficio postale della Magliana, ride dal più profondo del cuore.
Viviana Stiscia (*)
(*) Nata nel 1960, due giorni dopo Fiorello – saperlo la fa sentire più giovane – mai cresciuta, ancora in vita, sempre pronta a raccontare di questa aneddoti dolceamari, tanto veri quanto buffi. Ma anche amori, sogni, flussi di coscienza, mondi reali solo in un tempo che non c’è. Insegnante di filosofia e psicopedagogista, ma questo è soltanto ciò che fa, non ciò che è, e non ama si confondano le cose. Essere stata precaria ha forgiato la sua personalità al punto tale che ogni forma di stabilità la spaventa, tanto quanto l’anela. Madre di Alessandro, dedica a lui ogni attimo, ogni parola che, d’ora in poi, sussurrerà ai vostri occhi, se solo lo vorrete.
Foto: Viviana Stiscia fotografata da Giusy Tarantino

