Penna in Buca: Mae' (Rubrica di Viviana Stiscia).
Mi ringrazia e mi abbraccia forte per averle dedicato quasi un'ora del mio tempo, ma come spiegarle di quanto ha dato lei a me
La incontro per caso, alta, veloce e dritta come un fuso, ma stranamente accompagnata da un elegantissimo bastone. E' lei, la mia prima maestra, lei che mai mi disse che non avessi il fisico adatto per la danza. Di certo lo pensava, ma lavorava comunque su di me ed io crescevo snodata, forte, brava e sempre più consapevole che non avessi il fisico adatto per la danza.
E' lei, mi guarda negli occhi, il sole l'abbaglia, si accomoda elegantemente sulla panchina del bar fingendo di riconoscermi, mentre una lacrima le solca la guancia sinistra.
Già qualche anno fa l'incontrai, allora sì che mi riconobbe. È di una bellezza rara. Ci diamo compagnia raccontandoci esattamente quello che ci raccontammo allora, con qualche particolare in più, data la distanza di tempo.
Tra una chiacchiera e l'altra, uno stuolo di donne più o meno giovani la salutano: ex allieve, disegnatrici d'abiti da scena, ammiratrici, vicine di casa. Sento che la sua mano si avvicina alla mia, la sfiora.
Non ricorda più che mio fratello sia un danzatore professionista. Al minimo accenno al fatto che glielo abbia già detto tempo fa, sorride e minaccia di colpirmi col bastone. Ecco fuori il suo piglio. Sono 87 gli anni, ma la tempra è tutta qui, intatta. Sento che la sua mano prende delicatamente la mia.
La sua cucina è nelle mani degli operai e lei cerca un pasto caldo. Ma cosa c'entra? Sarà il cervello che non funziona più? La tranquillizzo, è lo stomaco che parla. Ridiamo a più non posso.
"Lo vedi, piango?". Mi spiega di un problema alla ghiandola lacrimale. Ecco il perché di questo inspiegabile bastone, la sua vista è offuscata dal continuo lacrimare, non c'entrano le gambe.
"Ma sì, maestra, pensi però che se le capiterà di assistere ad uno spettacolo pietoso, potrà sempre dire che si è commossa". E ancora risate, tante risate. Sento che la sua mano sta stringendo fortemente la mia, mentre dalla bocca le escono inconsapevoli parole: sono troppo felice d'averla incontrata. Non mi dà del lei, pensa ad alta voce.
Di anelletti non ne può proprio più, ma è sabato e a Palermo è difficile che nei bar preparino un piatto espresso. Però io lo so che proprio in quel bar lo fanno ed attendo un po' prima di sorprenderla. Qualche ricordo ancora e chiamo la ragazza che lo conferma. "Pochi minuti? Ma sarà congelata?". E' lei, è la mia maestra, dubbi non ne ho, ha sempre qualche motivo per brontolare. La tranquillizzo. "Pasta alla carbonara, e come la fate? Eh, io sono romana!" E quando la giovane malcapitata, facendo un passo indietro di fronte a tanto fervore, sta per risponderle, intervengo io: "No, maestra, noi a Palermo carbonara non ne sappiamo fare. Con la Roma perdiamo di sicuro." Approfitto della sua smorfia di disappunto per uno sguardo d'intesa con la ragazza. "E allora?" . "Allora pasta alla Norma". E Norma sia.
"Io sono magrissima, sotto questo goffo cappotto, non ho neanche la pancia. E senti che polpacci". Li tocco, sembrano d'acciaio! "Sino ad ottant'anni andavo sulle punte ed ora, cerco un piatto caldo. Ma che c'entra? Ah, vero è lo stomaco che parla".
La ricordo quasi fosse ieri che, col suo corpo di una bellezza superba, braccia spalancate, dita lunghissime e mezza punta, fa la diagonale nel salone ed io che la guardo pensando che di lei sono solo una briciola, sotto ogni profilo. Ma mi inorgoglisce esserle allieva e l'ammiro, l'ammiro tanto.
"Lo sai che una mia carissima allieva, la cui sorella ... il cui padre ... - la riconosco dal cognome, le evito di sforzarsi nell'elencarmi tutta la settima generazione. - "Maestra, la sorella Margherita, è una mia carissima amica, conosco la storia di questa famiglia, vada oltre ... "Allora, questa deliziosa ex allieva, che mai mi ha lasciata - mentre tu sì, sottintende - mi ha intervistata a lungo e adesso il suo terzo libro, sarà dedicato a me!". "Ha visto, mae’? Il mondo non si è scordata di lei, sono i muri di casa che se lo inventano". E adesso non è più soltanto il suo occhio sinistro a lacrimare.
"La pasta è pronta, maestra". Mi ringrazia e mi abbraccia forte per averle dedicato quasi un'ora del mio tempo, ma come spiegarle di quanto ha dato lei a me. Le chiedo in cambio soltanto una piccola soddisfazione da allieva. E così: "Basta, zitta ora e sùbito a casa, che la pasta si fredda, mae’!".
Si allontana sorridente e roteando il bastone alla Charlot.
Viviana Stiscia (*)
(*) Nata nel 1960, due giorni dopo Fiorello – saperlo la fa sentire più giovane – mai cresciuta, ancora in vita, sempre pronta a raccontare di questa aneddoti dolceamari, tanto veri quanto buffi. Ma anche amori, sogni, flussi di coscienza, mondi reali solo in un tempo che non c’è. Insegnante di filosofia e psicopedagogista, ma questo è soltanto ciò che fa, non ciò che è, e non ama si confondano le cose. Essere stata precaria ha forgiato la sua personalità al punto tale che ogni forma di stabilità la spaventa, tanto quanto l’anela. Madre di Alessandro, dedica a lui ogni attimo, ogni parola che, d’ora in poi, sussurrerà ai vostri occhi, se solo lo vorrete.
Foto: Viviana Stiscia fotografata da Giusy Tarantino

