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Penna in Buca. Quindicesima puntata. Il regno dell'Incontrario

Penna in Buca. Quindicesima puntata. Il regno dell'Incontrario

 Nel regno dell'Incontrario quelli che un tempo erano  professori adesso dovevano domare tigri travestiti da studenti, genitori, colleghi e dirigenti


C'era una volta un paese, per nulla lontano, in cui regnava la  Regina dell'incontrario. Era dispotica, una tiranna, ma i suoi sudditi la adoravano e avrebbero inflitto anche la morte per lei. Umiliazioni, violenze, delitti erano, d'altronde, prescritti dalla Costituzione la quale, all'art. 3 recitava: "Il rispetto è bandito da questo Regno!".
Il lavoro, certo, non mancava, per chi, sistematicamente, ne distruggesse i frutti. I demolitori delle fatiche altrui erano ben retribuiti perché - bisogna riconoscere - che inventarsene sempre di nuove, per contrastare chiunque tentasse di difendere il proprio lavoro, richiedeva un dispendio di energie fisiche e mentali immenso.
Ogni mattina la Regina interrogava il suo specchio magico: "Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più cattiva del reame?". "Sei tu, Sacra Maestà. Son specchio e rifletto. E più rifletto, più sei tu Regina di malignità!" . Ma accadde che un giorno la Sovrana superò se stessa: impose le elezioni delle RSU. Sì, proprio quelle, le rappresentanze dei lavoratori. Bene! Si potrebbe pensare. Certo, ma non bisogna dimenticare che quello era il Regno dell'Incontrario e lì le RSU avevano il compito di individuare capillarmente, ciascuna nel proprio settore, quanto di più umano ci sia nel lavoro, ovvero la sua funzione. A quale scopo? Ma per eliminarla, naturalmente! Da allora in poi, ciascuna lavoratrice, ciascun lavoratore, avrebbe dovuto sconoscere il perché delle proprie immani fatiche, un perché che di fatto non esisteva. E chiunque avesse cercato di dare un seppur minimo senso al proprio operato, avrebbe pagato anche con la vita. Ecco che il regno si popolò di scuole-aziende con tanto di presidi-dirigenti, insegnanti-dipendenti e collaboratori-operai, dove si faceva tanto rumore per nulla. Quelli che un tempo erano  professori, adesso sempre alle prese con tablet, ma pur sempre amanuensi e domatori di tigri travestiti da studenti, genitori, colleghi e dirigenti. Il vero fine per il quale la scuola era stata creata, non lo ricordava quasi più nessuno e quei pochi fingevano di non ricordarlo, temendo le angherie ordinate dalla Sovrana.
Anche i vecchi ospedali erano diventate aziende e che si stesse lì per curare davvero a nessuno sembrava importare. Ciò che contava erano i costi, che fossero i più bassi, per carità, e se qualche medico o infermiere si destava da quel torpore di negligenza e paura e tornava agli antichi ardori professionali, ecco l'intervento puntuale delle RSU tanto volute dalla Regina: personale sospeso dal servizio perché troppo stressato. Le gravi condizioni di salute avrebbero potuto inficiare gli obiettivi istituzionali. 
E quali erano, nel Regno dell'Incontrario gli obiettivi di un ospedale? Nessuno, come in nessun altro settore, o meglio, che nessuno ne trovasse giovamento da quelle "cure", che ai pazienti venisse promessa una guarigione che non sarebbe mai arrivata e che chi volesse porre fine alle proprie sofferenze, venisse condannato a vivere. 

Era un paese in cui vissero tutti infelici e scontenti. Speriamo che resti tanti e tanti anni fa.
 

Viviana Stiscia* (Fotografata da Giusy Tarantino)