
Memoria di un terremoto
Fotografare immersi una domenica mattina nel territorio di Santa Ninfa a cinquant'anni dal terremoto che colpì la valle del Belice, per uno come me - nato solo un anno prima -, è stata un'esperienza difficile. Sarebbe retorico sostenere che la memoria va considerata, come diciamo a scuola, una faccenda collettiva e che, indirettamente, siamo testimoni di quanto è avvenuto in passato. Anche se quel terremoto ha riguardato davvero tutti i siciliani- come ci ha insegnato con uno straordinario reportage Nino Giaramidaro -, la memoria tra generazioni diverse si fa strada lentamente e per sedimentarla occorre necessariamente fare esperienza insieme agli altri.
Del terremoto ricordo solo che mia madre, in dolce attesa, aveva rischiato di perdere mia sorella. Poi è andato tutto bene e a Palermo, raccontano, c'era stata solo una grande paura, con la gente fuori che si aggregava e si confortava, mentre in quell'entroterra siciliano sconosciuto alla maggior parte degli italiani si scavava per salvare vite e cose.
I contest dedicati alla memoria fanno bene, sono come una spremuta d'arancia fresca che ti da energia per affrontare la giornata, intero e presente a te stesso, dentro un senso di appartenenza ed una radice. Ringrazio la Società operaia di Mutuo Soccorso di Santa Ninfa e gli amici con i quali ho condiviso una bella mattinata elaborando il mio primo portfolio.
1) Celato
Eraclito diceva che la natura ama nascondersi. Rintracciare le leggi della natura è difficile quasi quanto scoprire il dolore, soprattutto nei percorsi di sofferenza collettiva. A Santa Ninfa il dolore della comunità si è stratificato con quel senso di pudore che era necessario provare per affrontare la rinascita. Quando l’esperienza dolorosa rimane celata lascia uno spiraglio da cui si può sbirciare. L’importante è non monetizzare il dolore perché come il fuoco degli dei, può essere rubato.
2) Spiragli
Il dolore che si cela offre la possibilità di essere catturato e si offre alla vista del forestiero. L’esperienza umana si fa uno spiraglio dal quale si può intravvedere la luce.
3) L’uno e l’Altro
Non si può camminare da soli e non si può essere sempre viandanti. Dalla modernità e dalla ricostruzione abbiamo imparato che abbiamo bisogno l’uno dell’altro.
4) Sacro
Nella sofferenza una collettività si interroga e nella ricostruzione operosa non dimentica di ritrovarsi in uno spazio virtuoso per ricordare da dove proviene, colmare il silenzio e coltivare la speranza.
6) Riflessi
L’acqua, il nostro elemento originario, ci accoglie e ci restituisce il colore
5) Sospesi nell’acqua
L’elaborazione di una esperienza dolorosa aiuta a rimettersi in forze ma occorre fermarsi e specchiarsi per non confondere l’immagine con la realtà.
7) SempreDritto
Andiamo tutti verso una direzione precisa, senza titubanze e deviazioni.
Tutti i Diritti Riservati* (Testo e foto di Carlo Baiamonte)

