
La panchina
In qualsiasi luogo si trovasse, nelle geografie più lontane, vedeva e riconosceva la sua panchina. Non importava se in quel momento fosse occupata, lui aspettava pazientemente senza provare a cercarne un'altra.
Le panchine sono un bene universale e segnano il confine tra lo spazio urbano e lo stato di natura in cui niente ma allo stesso tempo tutto ci appartiene. Una città senza parchi e senza panchine è un non luogo, un posto inutile e disumano.
Quella panchina certo non gli apparteneva, non era sua e non era di nessun altro ma era li alla portata del suo culo, un bene residuo a disposizione dopo la caduta dal cielo. Nella sua vita precedente era sempre in movimento, volava e si librava senza sosta. Dentro il corpo di uno sconosciuto aveva sviluppato un'idea metafisica della panchina a cui nessun umano generalmente pensava. Per pochi minuti o per una notte, per una sosta o un momento di relax poteva tornare a sentirsi parte di tutto. Sogno e realtà si miscelavano e su quel pezzettino di terra si sentiva protetto. Quella panchina lo rendeva felice anzi era la felicità stessa.
*Tutti i diritti riservati - Testo e foto di Carlo Baiamonte

