
La morte social di Sergio Marchionne
La morte vip non ha mai creato sentimenti di compassione. Dinanzi ad essa siamo tutti becchini
Gli encomi o le lapidazioni pubbliche a Sergio Marchionne appaiono sempre più lugubri. Il manager è ricoverato in una clinica svizzera in una condizione irreversibile e gli italiani si esercitano (male) nelle espressioni emotive.
La morte social assume un carattere specifico perché si svolge quasi sempre in assenza di riflessione e di sentimenti di coscienza collettiva.
Ci polarizziamo sul consumo dell’olio di palma e dei miglioratori del pane come sui grandi temi, senza che si delinei una caratterizzazione degli argomenti.
Se anneghi, se muori, se ti salvano o meno, se ti perdonano o ti assolvono poco importa alle dinamiche della cittadinanza globale e virtuale.
Sergio Marchionne però è ancora vivo, è un uomo in carne ed ossa, fumava sino a pochi giorni fa 100 sigarette, non faceva prevenzione, dormiva poco. Sulla base delle informazioni che circolano il passo è breve per assumere la sua morte come una forma di suicidio assistito dagli operatori finanziari. Fiat ha designato e in questo momento tutto è finanza e business, non ci sono rigurgiti possibili a favore dell’anima.
In questa storia drammatica per la famiglia Marchionne non si è registrata una dichiarazione a carattere etico, ‘umana’, da parte dei rappresentanti del mondo politico e imprenditoriale. Solo Fausto Bertinotti, incapace da sempre di contenere il suo smisurato ego, non ce l’ha fatta a rimanere zitto. L’informazione ora si trova in un limbo, una zona grigia e imbarazzante in cui è difficile esprimersi. Non può esserci alcun giudizio, alcun movimento di opinioni se Marchionne non passa a miglior vita. E' assolutamente dignitoso attendere.
Ma il tempo per i social è solo una questione di traffico di dati. I social anticipano la morte, la gettano nel tritacarne dei commenti degli italiani medio-bassi, tutti imprenditori, banchieri, sindacalisti, skipper e italiani doc. Chissà se la sua opera verrà ricordata da qualcuno al di là dei conti in fiat, degli operai che hanno perso il futuro, delle banche fregate dall'imprenditori, dell'americanizzazione del nostro brand.
Se fossi suo figlio, certo mi incazzerei.

