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La matematica, regina sconosciuta dai DPCM

La matematica, regina sconosciuta dai DPCM

Con la chiusura delle scuole probabilmente si voleva restituire agli italiani la sensazione che si stava facendo qualcosa  

A me la matematica piace. Adoro la sua oggettività radicale e la possibilità, a partire da una serie di dati certi, di intavolare una discussione misurata e razionale. In Italia ci sono 800.000 docenti e otto milioni di alunni. A sei settimane dall’inizio dell’anno scolastico 2010-2021 i docenti contagiati sono 1.700. Stare al passo con l'incremento degli alunni contagiati è più difficile perché la categoria è vasta e il sommerso degli asintomatici, data la giovane età, sicuramente incide in misura maggiore. Il 15 ottobre gli alunni contagiati in Italia erano 5.793 ma il numero è certamente cresciuto. Non ci sono dati aggiornati ma possiamo sovrastimarlo in 10.000 contagi.
Fa impressione leggere sulle riviste che si occupano di scuola che l’aumento del contagio a carico dei docenti e degli alunni dall’inizio dell'anno si sia quadruplicato sfiorando il 400%; non lasciamoci però ingannare da percentuali che in rapporto al dato assoluto sono davvero irrilevanti, quanto meno rispetto all'incremento del totale dei contagiati in Italia.
A scuola, in ogni caso, ci si contagia poco con un tasso complessivo per alunni e personale al di sotto dello 0,4%.
Con una popolazione dimezzata a cui si eroga la didattica integrata (una parte degli alunni in presenza ed una parte in remoto) si vive (viveva forse è più corretto!) con la mascherina che viene distribuita regolarmente, non si condividono materiali e oggetti, ci si deterge spessissimo. Nella maggior parte dei casi viene applicato il distanziamento ed anche nella possibilità prevista dalla norma di abbassare la mascherina si preferisce indossarla, con un eccesso legittimo di cautela.  

Quelle delle scuole è stata un’estate infernale con un mancato investimento pressoché scontato sulle infrastrutture mentre ci si è adoperati su tutto il territorio nazionale per assicurare il distanziamento, potenziare le reti, acquistare i dispositivi, rifornirsi di presidii igienico-sanitari, riorganizzare il tempo scuola, attivando i nuovi servizi di sanificazione, preparandosi a tracciare le mappe dei contagi per lasciare a casa temporaneamente il minor numero di alunni possibile..

La giornata-tipo a scuola è scandita dalle attività didattiche di routine e dalle telefonate preoccupate delle famiglie che informano in qualche caso sulla sintomatologia sopravvenuta a carico dei figli. Si cerca insieme alla medicina territoriale di trovare soluzioni praticabili per la messa in sicurezza della comunità. Con una grande dose di stress correlato alla nuova situazione, insolite e naturali timori, con tanti eccessi di autotutela e qualche leggerezza, le scuole sono andate avanti tra mille difficoltà e sulla base di una comune volontà condivisa di rimanere aperte, assicurando una buona quota di didattica in presenza .
Le scuole sin dall'inizio della pandemia hanno posto in valore la lunga esperienza di soggetti protagonisti delle reti territoriali e sono riuscite in molti casi  a rinsaldare l’alleanza preesistente con le famiglie. Il sistema ha funzionato e in piena pandemia le nostre scuole sono state interessate da un tasso di contagi bassissimo, continuando ad essere istituzioni inclusive rispetto a tutti gli alunni ed alle famiglie. Non dimentichiamo che il sistema di istruzione italiano è molto disomogeneo e in alcuni territori la scuola è l’unico presidio importante di legalità e di servizio pubblico. Non dimentichiamo che non esiste una popolazione scolastica omogenea come per i cluster del covid-19 che interessano tutti, senza alcuna determinazione di status.
Ci sono gli alunni che vivono una condizione ordinaria, vivono in ambienti confortevoli ma vi sono gli alunni con disabilità, con bisogni specifici, con fragilità intra-familiari. Ci sono inferni micro-familiari e la scuola in questi casi funge da spazio vitale. Ci sono alunni che vivono nelle case famiglia che incontrano mille difficoltà nel tempo scuola ordinario ma frequentano e costruiscono amicizie. La pandemia in questi specifici casi ha reciso ogni legame, interrotto progetti di recupero e ri-orientamento, rinsaldato vecchie catene che la scuola aveva spezzato a favore di legami fiduciari e positivi.

Forse ci si contagia poco anche in altre strutture in cui si rispettano le norme come le palestre, i ristoranti e i bar. Fa impressione il dato relativo ai teatri in cui nelle migliaia di spettacoli estivi è stato maturato un solo contagio. Eppure i teatri sono stati chiusi e la cultura, che sappiamo essere occasione di crescita e il miglior antivirale dell’ignoranza, del negazionismo e della cattiva cittadinanza, da otto mesi è azzerata.
Questa riflessione non può essere applicata alla movida che non si può ipotizzare di regolamentare, in quanto fonda il suo concetto di impiego del tempo sull’assembramento di più soggetti che rimangono in piedi a chiacchierare, spostandosi con un lento effetto schooling da un locale all’altro e favorendo l’azione di contagio.  La movida, in questo senso è la migliore alleata del virus ma anche dell’assenza di controlli che è stata una costante dell'ultimo mese.

La polarizzazione delle parti sociali pro e contro l’ultimo dpcm emanato domenica 25 Ottobre è un’operazione da sfaticati perché si fa precedere ogni analisi del dato dalla moralizzazione delle categorie contrapposte, con  una forte anticipazione della percezione su ciò che è o non è ammissibile nel “fare” degli italiani.  La polarizzazione e la criminalizzazione degli atteggiamenti è preoccupante perché mina il senso e l’equilibrio della comunità, una componente fondamentale che si basa sulla sperimentazione e l’accettazione degli interessi diversi dei gruppi. Dal punto di vista della comunicazione sociale la pandemia costituisce un fenomeno in cui è quasi certa la sconfitta della buona informazione e delle buone prassi sanitarie. Lo abbiamo già riscontrato nel 2009 con un gioco al massacro, a causa della pessima comunicazione sanitaria, sulla campagna vaccinazioni contro il virus H1N1, parente lontanissimo del Covid-19 e con una bassissima mortalità (0,029 per mille, molto al di sotto dell’influenza stagionale).  
Il vaccino per il Covid 19 non è ancora pronto ma consideriamo la possibilità che nel momento in cui sarà disponibile si avventi un nuovo negazionismo con la messa in mora della politica sanitaria.
Il guaio più grande risiede nel fatto che stentiamo come collettività a comprendere che la pandemia non corrisponde alla malattia da Covid-19, piuttosto al modo complessivo in cui il sistema reagisce alla contaminazione. La colpevolizzazione dei singoli o dei gruppi è la strada più facile, non aiuta né la collettività, né a contrastare il fenomeno.

La pandemia è un fenomeno sociale pergettamente coerente con la cattiva politica. Favorisce forme di irrazionalità collettiva, affonda nelle viscere della classe popolare e in un tipo di percezione sociale che non potrà mai ispirarsi ai criteri della logica, della matematica, della buona informazione. E’ sensazionalistica e si alimenta delle notizie che riguardano l’incremento dei contagiati con un aggiornamento che oggi si svolge in tempo reale.

Se ci vogliamo fare un’idea della percezione del fenomeno la pandemia mediatica funziona come il contapassi che utilizziamo per la passeggiata veloce e le attività di movimento in generale. Butti gli occhi ogni 5-10 minuti e sei avanti di centinaia di passi. Pensate se durante la nostra corsetta potessimo controllare il contapassi degli altri simultaneamente, si innescherebbe un meccanismo pervasivo che ci farebbe dimenticare velocemente il limite e la fatica. Insomma un bel casino perché mentre svolgi un’attività fisica il corpo va ascoltato e va tenuta a freno l’immaginazione e la compulsione, per comprendere quando è il caso di fermarsi, se possiamo spingere sull’obiettivo. Sai di un amico, un parente, un collega che è risultato positivo ed è come se il suo contapassi ti avvisasse che potresti fratturarti il femore.

Sta accadendo da tempo e con la pandemia sembra che abbiamo perso ormai ogni contatto con il corpo. Ci immaginiamo ricoverati, ammalati e contagiati, vettori per i nostri anziani, colpevolizziamo i figli, mettiamo in discussione sistemi di interesse che corrispondono a economie domestiche, stili di vita, visioni, valori. Esercitiamo forme di vittimismo inconsapevole e diventiamo parte del problema anche se abbiamo mille ragioni per arrabbiarci in qualità di pizzaioli, ristoratori, allenatori sportivi, tassisti, insegnanti, infermieri e medici. Ci dividiamo tra negazionisti e servitori terrorizzati dello stato, negando la possibilità di confrontarci ed esercitare una dialettica ispirata alle tecniche di argomentazione, alle strategie razionali per arrivare ad una comprensione accettabile e scientifica anche del peggiore dpcm.

Tornando alla scuola si potevano fare interventi più efficaci, sia per riaprire in assetto organizzato, sia per mantenere il servizio migliorandolo, manovre piccoli e grandi, ben al di là del distanziamento di un metro e degli ausili per igienizzare e non far circolare il virus.

Abbiamo avuto un semestre pieno invece é stata preferita la strada delle dichiarazioni di principio: non si è potenziato il trasporto pubblico, la popolazione scolastica in presenza non è stata dimezzata in maniera omogenea, non è stato potenziato il personale. Le scuole sono state lasciate libere di incidere, ciascuna a suo modo, sulla situazione generale. Ma anche in questi termini i dati oggettivi mostrano che nelle scuole ci si contagia pochissimo e che si poteva attendere qualche giorno perché il meccanismo, favorito da una medicina territoriale sensibilizzata e supportata, stava funzionando.

Probabilmente si voleva restituire la sensazione agli italiani che si stava facendo qualcosa e due milioni e mezzo di studenti che rimangono a casa creano un certo impatto emotivo sugli adulti, addolciscono la pillola che dispone la chiusura degli esercizi commerciali.

Con gli alunni, elettori solo in erba, è stato facile imporre norme, sottrarre diritti in nome di un bene al di sopra delle parti, un bene che la maggior parte degli adolescenti percepiscono come astratto, anche se li bombardi sulla condizione di soggetti a rischio dei loro nonni. Gli adolescenti hanno bisogno di modelli agiti nel contesto reale e in qualche misura i docenti in questo mese e mezzo lo sono stati, molto di più dei decisori politici che si sono trasformati in speaker paternalistici. Non siamo ancora nel disastro anche se viene promesso snocciolando i dati della Francia e del Belgio. Anche i disordini sociali che hanno occupato i palinsesti in questi giorni non assumono grande rilievo e rientrano nella storia recente delle contestazioni in piazza contro i governi in cui, puntualmente, si inseriscono gruppi ristretti di facinorosi

Seppure dovesse determinarsi una resistenza ancora più forte al dispositivo normativo ci sono sempre i negazionisti, Salvini, la Camorra che inquinano il quadro.