Il lutto e le manifestazioni assordanti degli italiani
L'elaborazione del lutto e l'esigenza di spettacolarizzare il proprio status sui social vince sul pudore e sul silenzio.
La strumentalizzazione della notizia è diventata la notizia. Un carabiniere di 35 anni muore ammazzato con 11 coltellate e il fatto, cronaca nera, grave in sé, si trasforma in una serie di effetti e implicazioni alimentate dalle cordate di partito e dalle opinioni da spiaggia degli italiani, a pancia molle, a prescindere da quanto è accaduto.
Ciò non vuol dire che sui social non esistano persone razionali e armate di buonsenso, solo che le loro opinioni non fanno notizia. Nelle 72 ore successive all'episodio che ha visto la morte del vicebrigadiere Mario Cerciello, la notizia principale con tutti gli approfondimenti di inchiesta è stata catapultata nella solita bagarre tra amici e nemici delle forze dell'ordine, come se alcune categorie professionali per legittimarsi dovessero godere per forza di sentimenti di odio e antipatia.
Ma in questa animata discussione, dopo la pubblicazione delle due foto più famose di questa vicenda, la prima ritraente uno dei giovani imputati americani bendato in uno dei locali della caserma dei carabinieri, la seconda con il figlio del ministro Salvini che scorrazza con un poliziotto su una moto d'acqua, si sono inserite anche altre categorie sociali.
In linea di massima oggi a discutere sui social dell'uccisione del militare Mario Cerciello si ritrovano diversi gruppi di opinionisti: i sovranisti che odiano gli americani, gli anarchici che appena vedono una caserma chiamano l'esorcista, i fedeli renziani focalizzati sul reato di peculato che avrebbe commesso il ministro dell'interno, i pentastellati giustizialisti che valutano secondo dopo secondo cosa dichiarare, i disfattisti di tutto e di tutti, i leghisti che benderebbero tutte le zecche rosse che infestano il paese.
Ma in questa vicenda chi paga lo scotto più alto? Credo l'istituzione dell'Arma dei Carabinieri, la vedova e la famiglia del vicebrigadiere, i cittadini che si limitano a leggere e interpretare i fatti, aspettando sviluppi certi e oggettivi. In questo commentario lunghissimo che è la comunicazione social caschi inevitabilmente nella trappola degli odiatori, anche quando ti proponi come promotore del diritto alla riservatezza, uno dei principi fondamentali per assicurare la giustizia dai sentimenti di vendetta collettiva.
Se ci diamo il tempo, se auspichiamo che non venga insabbiato nulla (e non ce n'è motivo), se evitiamo di scrivere a tutti i costi quanto pensiamo minuto dopo minuto, se i giornali la smettono di titolare per il gusto di procedere alla costruzione del repertorio dei cattivi sentimenti, possiamo mantenere fede alla comunità razionale umana.