Frammenti di Tempo. Intervistiamo Zino Citelli.
Ho sempre vissuto il mio tempo guardandomi intorno spinto dalla mia innata curiosità e con la fotografia ho cercato di fermarlo in piccoli frammenti composti da milioni di pixel colorati
“Frammenti di tempo”, la prima pubblicazione di Zino Citelli, edito da Informazione libera, raccoglie una selezione accurata della produzione artistica del fotografo palermitano.
Incontriamo Zino in prossimità della prima presentazione del suo fotolibro che si svolgerà Venerdì 3 luglio alle ore 18:00 (Mondadori, piazzetta Bagnasco, Palermo). La pubblicazione, divisa in due sezioni, con una introduzione di Serena Marotta, in bianco e nero e a colori, imprigiona il tempo attraverso ritratti, oggetti, paesaggi ed elementi dello spazio vitale, a tratti evocativi e concettuali, sovente fortemente umanizzati.
L’interesse per la fotografia di Zino Citelli risiede in questa particolare curiosità verso un tipo di ambientazione culturale che si declina nella fisionomia dei soggetti, fortemente caratterizzata da composizioni lucide e razionali, focalizzate sul soggetto principale che diventa immediatamente accessibile al fruitore, un’ icona correlata ai temi più urgenti del nostro tempo.
Il titolo del tuo libro è molto evocativo. Che cos'è il tempo per Zino Citelli, nel doppio binario della vita e della fotografia?
Ho avuto modo di scrivere che “ho sempre vissuto il mio tempo guardandomi intorno spinto dalla mia innata curiosità e con la fotografia ho cercato di fermarlo in piccoli frammenti composti da milioni di pixel colorati”. Le immagini fotografiche per me sono come una magia perché riescono a immortalare e fermare per sempre il tempo che viviamo in modo frenetico. Rivedersi da giovani, ripercorrere quei luoghi che abbiamo visitato nei nostri viaggi, rivedere i nostri cari che non ci sono più, portare in vita luoghi dimenticati dal tempo, tutto questo è racchiuso nel meraviglioso mondo della fotografia.
La tua fotografia è sensibile alla narrazione di storie singolari. C'è una storia che ti è rimasta impressa?
Sono molte le storie legate alla mia fotografia ed ho sempre un ricordo nitido dello scatto e delle circostanze legate ad esso. Ricordo con molta emozione uno scatto realizzato in Giordania in pieno deserto rosso a due bambini profughi siriani provenienti dal campo profughi Zaatari, adottati da un giovane beduino, anch’esso profugo siriano, che ha donato alla famiglia dei bambini un rifugio nel deserto di Wadi Rum ed un lavoro come gestori di un campo turistico nel deserto. Il beduino ogni mattina prendeva i bambini e li portava con la sua jeep al villaggio in una scuola e poi li riaccompagnava nella loro casetta tra le rocce in pieno deserto. Questa storia che mi ha colpito per l’energia e la felicità di queste piccole creature che giocavano con una semplice carriola nella sabbia del deserto, la loro casa.
La tua pubblicazione Frammenti di Tempo è, inevitabilmente, carica di elementi biografici. Ci sono aspetti che "fotograficamente" non hai ancora raccontato?
La mia pubblicazione che raccoglie 60 foto, di cui 30 in bianco e nero, racconta un percorso di vita personale legato alla fotografia di momenti, volti, luoghi frequentati, scoperti e di viaggio. Mi sono sempre soffermato sulla vita che mi si poneva davanti e forse ho utilizzato i miei occhi come un obiettivo fotografico, cercando di immortalare sempre quello che mi creava emozioni. Ho sempre avuto una visione fotografica a colori perché il mondo lo vediamo a colori ma nel tempo ho ritenuto opportuno convertire alcune foto in bianco e nero perché volevo sperimentare qualcosa di nuovo, forse di introspettivo.
Stai lavorando a qualche progetto in particolare?
Ho alcuni progetti in mente, uno in particolare è legato a Poggioreale, al centro della Sicilia, il borgo fantasma distrutto dal terremoto del 1968 molto fotografato e visitato. Lì la natura si sta riappropriando del territorio, è possibile scorgere le tracce dell’uomo attraverso i colori ancora presenti tra le macerie, colori indelebili che, a mio modo di vedere, rievocano la vita di quei luoghi ormai ridotti in cumuli di macerie. Tra i progetti futuri anche una mia opera fotografica che verrà ospitata alla Farm Cultural Park di Favara, un posto suggestivo, ricco di arte e di cultura, una specie di oasi in mezzo al deserto dell’entroterra siciliano. Lo scorso anno ho avuto l’onore di partecipare con la mia opera Il monumento di ferro, selezionata dagli organizzatori della Biennale di Sicilia Countless Cities, che ha visto il coinvolgimento di 28 artisti provenienti da tutto il mondo.
Carlo Baiamonte
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