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Le elezioni politiche e il lavoro al sud, tema dimenticato

Le elezioni politiche e il lavoro al sud, tema dimenticato

Maschere vecchie, finti fascismi ed europeismo finanziario alla ribalta dei palinsesti 

Siamo già stati catapultati nella campagna elettorale delle politiche, ancora per poco nella sfera mediatica e televisiva, con schieramenti che si polarizzano sui temi che realizzano a caldo maggiore consenso. Con il nuovo anno siamo dentro le polemiche e le discriminanti amico-nemico. 

Credo che la prossima competizione, dal punto di vista della partecipazione democratica, costituirà una specie di palestra delle opinioni e degli umori degli italiani. Non mi pare preoccupante la deriva fascista, solo una delle tante espressioni della partecipazione emotiva e di pancia dei più giovani che raccoglie in maniera posticcia un po' di vecchio primitivismo. Gli italiani, non è una cosa nuova, sono sempre stati un po’ fascisti e vocati al culto del capo, in tutti i settori. Ricordo che sino agli anni ’80 il consumo di massa delle automobili era regolato da forme di patriottismo ingiustificate come per la Fiat, la Lancia e l’Alfa Romeo. E quel rapporto con il brand era avulso dallo spirito critico che dovrebbero possedere tutti i consumatori. Per ricordare la battuta di un mio amico, figlio di un operaio fiat, solo con la Duna ci si rese conto che la Fiat non era una grande madre, la mamma delle auto del mondo ma solo una fabbrica automobilistica che poteva immettere nel mercato auto buone e cattive, abortire modelli inguardabili e che sfidavano le leggi della percezione. Quindi c’è una storia della Fiat prima della Duna e dopo la Duna e in questo senso, vista la povertà dei numeri di vendita del modello,  fungere da spartiacque non è così male.

l culti di Fiat, Agnelli, Almirante, Barilla, Berlusconi un po’ si assomigliano e costituiscono tutti un filo conduttore per l’italiano medio che vuole fare l’operaio della fabbrica e del voto, non ama i cambiamenti ed è un ‘locale’ del mondo, un paesano ed un provinciale. Così come ‘paesani’ sono i palermitani e i milanesi, i bergamaschi e i romani. 

Mantenere un atteggiamento conservatore infischiandosene delle fonti delle notizie e della conoscenza dei fenomeni sembra assicuri certezze e fiducia perché in fondo, delegare ai nostri rappresentanti, è comodo e deresponsabilizza. Come i neofascisti, che sono bravi ad utilizzare il tema degli invasori, anche i sostenitori dell’immigrazione come paradigma umano, vocazione volontaria universale e inevitabile 'qui' sono dei ‘locali’ e dei ‘paesani’ perché in nessuna parte del mondo si può assistere ad un dibattito pubblico sull’immigrazione così estraneo ai dati ed alla conoscenza delle dinamiche come in Italia.
E’ stupido utilizzare l’immagine di un bambino che muore in mare o diviene l’unico superstite di un naufragio andando i deroga al desiderio di molti di capire che cosa sta accadendo nell’area del mediterraneo, che cosa può fare l’Italia per mantenere integri i diritti umani e la dignità sociale, ma anche realizzare politiche di integrazione serie.
La maggior parte delle bugie stanno però nei fautori dell’indignazione, a destra e in una certa sinistra moderata, chic e aggressiva, a favore o del patriottismo becero o dell’europeismo, un atteggiamento che non è buono nemmeno per lo street food, che per essere praticato richiede più attaccamento alla cultura di strada, un tipo di aggregazione con gli altri pacifica e conviviale. 

Ne vedremo delle belle e si scanneranno a colpi di carichi pendenti e certificati penali dimenticando competenze ed interesse verso i problemi urgenti, primo il lavoro al sud.

Ph: Carlo Baiamonte, via Maqueda Palermo