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BrancaccioShire

BrancaccioShire

Un quartiere solo per un premier solo

In genere quando trattando di Palermo si fa riferimento a Brancaccio o allo Zen si innescano meccanismi automatici di esclusione. Sono parole diventate categorie scomode e stereotipate. Brancaccio rappresenta una parte della città lontana da quanto vorremmo ricordare simbolicamente e da ciò che leghiamo a Palermo ed alla sua storia. E’ un quartiere già segnato urbanisticamente, con una storia popolare brutta come la peste e incorniciata dentro le vicende di una delle cosche mafiose più aggressive degli anni '90. Brancaccio è popolato nella migliore ipotesi da residenziali che si limitano a dormirci o da palermitani che vivono ai margini, mai integrati nel tessuto urbano e sociale della città. E' un posto dove i voti si comprano, si promette lavoro e assistenza, si organizzano cene elettorali e si raccogono soldi per i carcerati.

Molti palermitani non hanno la minima idea di dove si trovi, non é una battuta, davvero! Conoscono l’asse Giafar che porta alla zona industriale, il Forum, la Chiesa di S. Ciro Maredolce all’ingresso e all’uscita della città, i confini sul mare della costa sud est ma non hanno idea di cosa ci sia in mezzo. Per la maggior parte dei palermitani che vivono a nord e a ovest Brancaccio, Romagnolo, Sperone, Settecannoli sono la stessa cosa. Invece Brancaccio non assomiglia agli altri quartieri ed alle borgate confinanti. E’ un quartiere più complicato in cui nel tempo si è sedimentato un sentimento forte di diffidenza, assomiglia ad un posto privo di  identità, a quei piccoli comuni siciliani che sono stati utilizzati sotto il fascismo come colonie penali, una specie di non luogo.

Eppure c’è la parte storica ancora lambita dal verde, un vecchio castello che molti non avrebbero mai voluto riqualificare, la zona moderna anni ottanta creata dai palazzinari prestanome della mafia, l’edilizia popolare che non è riuscita a creare un tessuto sociale di diritti. C’è anche un passaggio a livello, anzi 'Sua eccellenza passaggio a livello di Brancaccio' e quando padre Pino Puglisi era impegnato con i volontari e le parrocchiane quei binari spaccavano a metà il territorio. Due Brancaccio, due quartieri che quasi non si parlavano. L'unico tratto che li accomunava era l'assenza di una relazione con la città, con il centro. Brancaccio era e rimane estraneo alka città.

La Brancaccio del passaggio a livello faceva davvero schifo anche agli stessi residenti dell'altra Brancaccio e quando rimanevi fermo ad aspettare il treno, quei pochi minuti dentro l’auto immerso nel vocio di strada dei ragazzini e delle massaie duravano un'eternità insopportabile. Le case, il marciapiede, le parole e le espressioni popolari non avevano nulla di folkloristico, erano solo il sintomo maleodorante del degrado sociale, una microfavela dentro una città complicata. Quel passaggio a livello è diventato il simbolo di Brancaccio, l’espressione più robusta delle sue brutture; viuzze a ridosso dei binari senza regole con gli stendini dei piani bassi perennemente fuori, casette dove si sopravvive inguaiati in una dimensione in cui la vita privata non esiste, dove le donne sono state sempre sfruttate dai parenti maschi e dai mariti che passano più tempo in carcere che fuori, dove le ragazzine a tredici anni sono gravide e a sedici hanno una famiglia sgangherata con due bambini e un compagno che non lavora.

E’ inutile che ci giriamo intorno. Possiamo valorizzare quanto ha fatto il terzo settore negli anni, parlare bene della scuola media che pure svolge con il preside e gli insegnanti un grande compito, della forza e del coraggio di 3P (Padre Pino Puglisi), della parrocchia, delle reti sociali e dei pochi servizi difesi con le unghie e i denti ogni giorno ma Brancaccio rimane un grande e abnorme pregiudizio, un posto brutto dove vivere e fare crescere i propri figli.
E’ un territorio a tratti semiabbandonato sia dalle istituzioni, sia dal privato imprenditoriale, solo una piccola rete di progetti sociali che sono stati dimezzati nelle risorse e non godono più della spinta collettiva originaria. Nell'arco di 48 ore questa parte estrema della città riceverà la visita di due grandi istituzioni: il premier e il papa.
La polemica sulle passerelle dei grandi rappresentanti istituzionali a Brancaccio è priva di sostanza, quasi quanto le commemorazioni celebrate con i politici ogni anno per ricordare Padre Pino a Brancaccio, qualcosa che facciamo per noi e per gli amici buoni di 3P non certo per Brancaccio e per coltivare la speranza del cambiamento. Occasioni sterili a cui non segue alcun intervento progettuale e alcuna iniziativa solida. Parole al vento come quelle che pronuncerà domani il pontefice.  A meno che la Chiesa, insieme al sindaco non decida di destinare risorse cospicue per interventi di aiuto nei quartieri difficili. Ma nelle citta del sud ci vorrebbero mille chiese per mille quartieri difficili.

Intanto il governo ha appena tagliato i fondi destinati alle periferie, complessivamente più di 400 milioni di euro. Conte sostiene di avere incontrato alcuni sindaci dell'Anci e di aver trovato alcune soluzioni per recuperare queste somme, che qualcosa insomma si farà.
Oggi intanto il premier Conte, inaugurando l’anno scolastico dell'Istituto Comprensivo intitolato e voluto da Padre Pino Puglisi, è stato bidonato dal sindaco Orlando, in estrema solitudine. Non é una cosa buona bidonare la seconda istituzione del paese, non si fanno valutazioni pilitiche, si va e basta. Domani  toccherà al papa visitare il Centro Padre Nostro.
Conte  ha rappresentato lo Stato senza sindaco, senza giunta e senza consiglieri comunali di maggioranza, l’istituzione che dovrebbe essere più attiva e prossima al bisogni del territorio. Conte premier, Conte solo, come il quartiere.